Archivi giornalieri: 3 gennaio 2012

Best Loser Awards: and the winner is Johnny!

Buongiorno!”, esclama Johnny tutte le mattine, appoggiando il suo casco sulla scrivania. Lo fa con un’enfasi volutamente eccessiva e subito aggiunge “come va stamattina?”, sperando di cogliere una vena polemica nella risposta di qualcuno ma sapendo che riceverà solo dei politici “bene grazie” . E allora si toglie la sciarpa ed espira a fondo, aspettando di poter annuire e replicare con un affettatissimo “me ne compiaccio“. E se, per semplice educazione, si decidesse di concedergli un cortese “e tu?” si può star certi che risponderebbe con queste precise parole: “bah. La facciamo andare“.
Ecco perché da un pezzo ormai nessuno glie lo domanda più, povero Johnny.

Johnny ha capelli corti biondo-rossicci, occhi chiari ma troppo piccoli per farsi notare, labbra sottili e una corporatura slanciata ed asciutta, nonostante impieghi la maggior parte del suo tempo ad ingoiare caramelle. Qualcuna sostiene sia un bell’uomo, ma la maggior parte – valutandolo nel complesso – non è d’accordo, povero Johnny.

Johnny è una di quelle persone che a prima vista non sapresti dire quanti anni abbiano. Ama molto dire cose tipo “bella lì, ma vai tranquillo, alla grande, dibbrutto, yeah” e una volta qualcuno giura pure di averlo sentito pronunciare un “geddàun” al telefono, cose che hanno un gusto così squisitamente moderno da farlo apparire come uno di quegli articoli dismessi che sulle bancarelle si chiamano vintage per costare venti volte quel che valgono. Stando agli indizi, il nostro Johnny dovrebbe avere appena passato la quarantina, il che lo rende troppo vecchio per legare coi veri giovani e troppo gggiovane per far parte di quelli che contano. La vita gli ha affidato il ruolo dello sfigato e lui lo veste così bene da meritarsi l’Oscar. Povero Johnny.

Johnny subisce dunque l’emarginazione dei giovani e il mobbing dei vecchi e passa le sue giornate a far finta di impegnarsi in un lavoro che detesta e che evidentemente non gli riuscirebbe neppure in un clima più disteso di quello in cui è costretto ad operare, neppure senza aver gente che sta lì con le fauci spalancate in attesa che compia un errore per poterselo sbranare. E di errori, Johnny, ne compie tanti. Elemosina attenzioni, per esempio, fingendo di aver avuto trovate geniali e rincorrendo i capi per i corridoi a suon di “c’è una cosa che volevo condividere con te!“, così loro gli rispondono “è una cosa lunga? perché prima devo…
Uh! e se ne sentono di cose che i capi devono fare prima di poter ascoltare cos’ha da proporre Johhny: rivedere i conti in amministrazione, scappare in riunione, andar via di corsa o addirittura portare il cane dal veterinario. Fra un po’ succederà che, quando Johnny avrà un’illuminazione, qualcuno dovrà urgentemente innaffiare le piante o correre a finire il sudoku. Ma come dar loro torto se Johnny, per esprimere un semplicissimo concetto, ci mette un quarto d’ora di ammiccamenti e inutili, sbrodolosi condimenti? E’ logico, no? povero Johnny…

Che a guardarlo lì così, in piedi in mezzo all’open space, come un attore in attesa di un applauso che non parte, come un uomo senza un briciolo di credibilità alcuna, non sai nemmeno se quello che provi è più pena per il fastidio che ti dà, o più fastidio per la pena che ti fa.
Lo vedi tornare alla sua scrivania e pranzare con un paio di barrette ai cereali, per poter recuperare quell’ora che alla fine gli servirà per fuggire prima, alle 6 in punto, da una splendida figlioletta di pochi anni, di cui lui spesso parla affermando con aria compiaciuta che “sta diventando davvero godibile quella bambina lì“, e da una moglie che molto probabilmente gli metterà le corna o almeno si spera, perché se uno non è capace di essere genuino nemmeno quando parla di sua figlia allora insomma, Johnny, povero un cazzo!